Tra gli analisti del settore metalli preziosi si sente spesso parlare di “Gold Peak”, vale a dire del livello massimo della produzione mondiale del metallo prezioso. Secondo alcuni esperti, la fornitura d'oro avrebbe raggiunto il picco nel 2016 o, in ogni caso, sarebbe probabile il raggiungimento di questo “picco assoluto” molto presto. E, il tutto, spinge parte del mercato verso una visione rialzista.
Arkadiusz Siero? in un articolo apparso su “GoldEagle“ (leggi qui il testo completo) - dal momento che la comune nozione di 'Gold Peak' è scorretta e dunque non può nè deve rappresentare un criterio per investire in oro. In una tabella, l'autore ci mostra a confronto - tra il 1997 e il 2015 - gli andamenti di tre parametri: la produzione mineraria, la fornitura totale e il prezzo del metallo prezioso.
Eè evidente come il livello della produzione mineraria sia sempre in aumento dal 2008, nonostante le ricorrenti voci di un “Gold Peak“ (ad esempio, Goldman Sachs ha sostenuto a lungo tale tesi nel 2015). Tuttavia, tali analisi sono basate su una stima teorica relativa ad un numero anni di riserve conosciute estraibili d'oro. La parola chiave è dunque “conosciute“. In realtà, il livello delle riserve conosciute aumenta nel corso del tempo a causa di nuove scoperte e di una tecnologia estrattiva sempre più efficace. Facile comprendere, dunque, come l'estrazione di oro non sarà a rischio nel momento in cui saranno esauriti tutti i depositi di relativa facile accessibilità oggi noti.
Ricerca ed estrazione proseguiranno, sebbene a costi più elevati. E prezzi dell'oro alla produzione più elevati faranno scattare ricerche di ulteriori giacimenti, l'esplorazione di siti precedentemente scartati e lo sviluppo di nuove tecnologie ancor più La tabella riportata nell'articolo, ad esempio, mostra un picco nel 2001 e un altro nel 2005, ma la produzione mineraria è ritornata di nuovo in rialzo dal 2008, a causa di fattori che abbiamo appena citato.
Inoltre, non esiste correlazione diretta tra il calo nell'estrazione di metallo prezioso e una diminuzione complessiva della fornitura di oro al mercato, in quanto vi sono grandi quantitativi di 'rottami' che possono essere riciclati (nel 2016, hanno coperto ben il 28% dell'approvvigionamento d'oro globale).
In secondo luogo - e soprattutto - un calo della fornitura d'oro da miniere non comporta in modo automatico un aumento del prezzo dell'oro. Il grafico mostra chiaramente che tra il 2008 e il 2012 il prezzo del metallo prezioso è aumentato pur essendo salite sia la produzione mineraria che la fornitura totale. Questo - spiega Siero - perchè l'oro sarebbe sempre un bene del tutto particolare, anche se vi fossero enormi riserve auree nel mondo. La nozione “picco di produzione“ rispetto all'oro è perciò irrilevante, e il motivo è molto semplice: la produzione mineraria annuale è una frazione trascurabile del quantitativo di metallo prezioso globale complessivo, ed è stimabile nell'1-2% delle riserve auree mondiali.
“Quindi, in teoria, sarebbe possibile chiudere tutte le compagnie minerarie e non accadrebbe nulla. O quasi nulla - secondo l'autore - almeno rispetto ad altri mercati delle materie prime. Chiudete il rubinetto del petrolio e si avrà una catastrofe globale. Chiudete miniere di rame e la produzione industriale globale crollerà. Questo perchè tali prodotti sono utilizzati su base continuativa e le loro riserve sono relativamente limitata. Al contrario, l'oro non è praticamente un bene di consumo. In conclusione, la questione più importante è che per capire il prezzo dell'oro, gli investitori non dovrebbero basarsi sul dato delle nuove forniture da miniere, ma sull'offerta totale che giè esiste e arriva al mercato da parte dei proprietari e detentori di metallo prezioso“.