Nei primi mesi del 2018 il debito pubblico italiano si è rimesso a correre ad un ritmo vertiginoso: in media 4.469 euro in più ogni secondo, contro una media annuale che nel 2017 era attorno a 1.160. E si attesta intorno ai 2.300 miliardi di euro. Il debito rappresenta una palla al piede per la nostra economia, considerando che gli interessi che lo Stato paga drenano ogni anno decine di miliardi.
E “Malgrado i richiami continui da parte di Bankitalia, dell'Ufficio parlamentare di bilancio, di Confindustria e della UE - sottolinea Violetto Gorrasi nelle pagine economiche di ''Today'', leggi qui - le ricette messe in campo dai partiti si sono rivelate improbabili, quasi come il resto delle promesse elettorali. La situazione italiana suscita preoccupazione, insomma, soprattutto da parte dei grandi investitori internazionali: l'instabilità politica post voto potrebbe esporci al rischio-attacco della speculazione in Borsa“.
Come sempre, nel dibattito - specie tra soggetti non sempre adeguatamente informati - riemerge anche l'ipotesi di utilizzare le riserve auree nazionali per ridurre il debito pubblico. Tuttavia la domanda è: vendere l'oro di Bankitalia per ridurre il debito pubblico potrebbe essere una soluzione percorribile? La nostra banca nazionale detiene 2.452 tonnellate di oro in lingotti e monete e, al 31 dicembre 2015, il controvalore del metallo prezioso gestito da Bankitalia era pari a circa 77 miliardi di euro.
Si tratta della cosiddetta riserva aurea nazionale. L'oro di Bankitalia si trova per la maggior parte nei caveau della Banca in Via Nazionale a Roma e in parte in alcune altre banche centrali, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Le riserve auree hanno la funzione di rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica, soprattutto durante i periodi di crisi. La riserva di oro assicura che, in ogni caso, la nostra Banca centrale nazionale ha "in pancia" i soldi necessari per svolgere le proprie funzioni, anche in periodi di particolare turbolenza sui mercati. Bankitalia è, come altre volte sottolineato, il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve (USA), la Bundesbank (Germania) e il Fondo monetario internazionale (FMI).
Il fatto che vendere parte delle riserve auree non aiuterebbe affatto a ridurre il debito è stato ribadito di recente da Salvatore Rossi, direttore generale di Bankitalia, nel corso di "24Mattino" su Radio24'. “Non è una strada praticabile e nemmeno efficace. Innanzitutto per ragioni pratiche. Parliamo di 90 miliardi di euro quando il nostro debito pubblico è intorno a 2.300. E' inoltre, al momento, giuridicamente impossibile. Esiste un accordo internazionale tra le banche centrali, che prevede che le vendite siano razionate, dunque ne potremmo vendere per poche centinaia di milioni alla volta. Nei fatti non si risolverebbe il problema del debito pubblico e daremmo un pessimo segnale al mondo. La vendita di oro da parte di un Paese darebbe il segnale di un gesto disperato".
Rossi ha assicurato che del resto, al momento, non ci sono segnali di disaffezione nè di sfiducia sui titoli del debito pubblico italiano da parte degli investitori: "Ovviamente la situazione è sempre precaria, nel senso che il rischio di un cambiamento di opinione è sempre possibile". E l'oro della riserva nazionale rimane, a dispetto di chi lo considera una “barbara reliquia del passato“, qualcosa di ben più potente ed efficace nel malaugurato scenario di una crisi finanziaria internazionale o di un crack del sistema delle valute.