Il titolo dell’articolo di Chris Martenson apparso nel portale “GoldEagle” (leggi qui il testo completo) è indubbiamente sensazionalistico, ma le considerazioni da cui parte l’analisi sono dati di fatto storici: da anni, infatti, esiste un flusso continuo e sempre più consistente d’oro – sotto forma di monete, barre e lingotti - dall’Occidente verso l’Oriente, in particolare con destinazione quell’India e quella Cina che, da sole, totalizzano poco meno di 2,7 miliardi di abitanti sui circa 7,2 dell’intero pianeta.
Il rischio è, secondo Martenson, che prima o poi Europa e Nord America possano ritrovarsi a corto di metallo prezioso che, come ben noto, è una risorsa naturale limitata. ''E' una semplice considerazione è sostiene l'autore è che parte dai concetti base di domanda e offerta''; ma quali vie esistono, in teoria, per arginare tale fenomeno? Secondo Martenson sono due, una 'illegittima' e l'altra 'legittima'.
La prima sarebbe di regolamentare in senso drasticamente restrittivo la possibilità di vendere oro sui mercati internazionali (e sarebbe lo scenario preferito dalle banche centrali e dai grandi soggetti istituzionali); la seconda è quella legittima è verrebbe imboccata invece in modo 'fisiologico' in caso di un futuro boom delle quotazioni del metallo prezioso. Storicamente, infatti, ogni forte aumento del prezzo dell'oro ha portato a far crescere in modo robusto la domanda in Occidente e, parallelamente, a far raffreddare anche in modo consistente i mercati orientali.
Una 'terza via' viene ipotizzata, infine, considerando la possibilità di 'tempeste valutarie' che potrebbero portare, ad esempio, a una drastica svalutazione della rupia indiana con conseguenti interventi della Central Bank of India a difesa della valuta nazionale, il tutto impegnando sia riserve strategiche di valuta estera che scorte di metallo prezioso. Una svalutazione del genere, d'altra parte, farebbe crescere troppo il prezzo dell'oro in rupie 'calmierando' la fame di metallo prezioso del subcontinente.