Dieci anni fa, dopo aver toccato un massimo storico, l’indice S&P500 della Borsa di New York subì un pesante ridimensionamento legato alla crisi finanziaria che - soprattutto a causa del mercato immobiliare gonfiato, dei mutui subprime e dei derivati - dagli Stati Uniti si sarebbe poi propagata in tutto il mondo.
Una crisi di cui ancora si avvertono in parte gli effetti, nonostante le prolungate e massicce operazioni monetarie condotte da FED e BCE e le evoluzioni strutturali del sistema finanziario.
Alla “tempesta perfetta“ di un decennio fa e a come si sono evoluti, in parallelo, il mercato azionario e quello del metallo prezioso Mark O'Byrne ha dedicato un'interessante analisi (leggi qui il testo completo). Il dato più eclatante è che, in questi dieci anni, l'oro ha fatto registrare (in dollari USA) una crescita di prezzo che sfiora il 75% passando dai 736 dollari per oncia del 9 ottobre 2007 ai quasi 1.279 della stessa data del 2017. Nello stesso periodo, l'indice S&P500 è cresciuto di ben il 102% ma, fa notare l'autore, questo dato è stato pesantemente determinato dalle politiche di sostegno monetario attuate in questi anni e, venendo a mancare strumenti come il Quantitative Easing, non sono affatto da escludere nè un prossimo, fisiologico ridimensionamento nè possibili shock sui listini.
La performance del metallo prezioso nel decennio 2007-2017 (quindi durante la crisi, fase di fisiologica attrazione per i beni rifugio, ma anche dopo, in piena ripresa) sta portando il cosiddetto “mainstream“, ossia la maggioranza degli operatori, a riconsiderare in positivo il ruolo dell'oro nel sistema economico globale tanto da far ammettere anche agli esperti di “Bloomberg“ - tradizionalmente “tiepidi“ nei confonti del bullion - che “si tratta effettivamente di un asset efficace come copertura da potenziali rischi“.
Molto interessante, nell'articolo, la tabella che elenca le performance del metallo prezioso, anno per anno, nelle maggior valute mondiali: in riferimento al dollaro USA, ad esempio, “l'anno d'oro dell'oro“ è stato proprio il 2007 con un balzo verso l'alto del 30%, seguito a ruota dal 2010 con un +29,5%. I tre anni consecutivi di contrazione vissuti tra il 2013 e il 2015 hanno ridotto il prezzo del metallo prezioso in dollari, rispettivamente, del 28,3%, dell'1,5% e del 10,4% ma, sul decennio, la media di crescita è in doppia cifra e si attesta ad un +11,2% per anno.
In euro, la crescita media nel decennio è stata del +9,4% con un picco positivo del +38,8% nel 2010 ed un record negativo nel 2013 con -31,2%. Performance medie migliori di quella statunitense sono state ottenute dal prezzo dell'oro riferito alla sterlina (+12,4% in media all'anno) e alla rupia indiana (+13,0%).
Dati che collocano il metallo prezioso, in riferimento al dollaro e al mercato americano, tra i cinque migliori asset del decennio, e che stanno convincendo anche i più scettici riguardo all'importanza dell'investimento in oro nella diversificazione e nella copertura dai rischi di ogni portafoglio.è