Non accade spesso di imbattersi in analisi economiche o geopolitiche pubblicate in lingua italiana e pertinenti il mercato mondiale del metallo prezioso. Anche per questo - oltre che per la dettagliata sintesi e la chiarezza dei contenuti - segnaliamo con piacere un ampio articolo a firma di Giacomo Gabellini pubblicato il 24 giugno da “L’Indro. L’approfondimento quotidiano indipendente” a questo indirizzo.

Dalla Cina ai grandi investitori: passi avanti verso un nuovo Gold Standard

Nello scritto di Gabellini viene presa in esame, in primo luogo, la situazione delle riserve auree cinesi che, come abbiamo sottolineato più volte, non appare affatto aderente alle cifre ufficiali che vedrebbero Pechino detenere appena 1.658 tonnellate di metallo prezioso. La maggior parte degli osservatori - scrive l'autore - stima il livello delle riserve cinesi in 5.000 tonnellate, ma qualcuno si è spinto a parlare di una quota oscillante le 20.000 e le 25.000 tonnellate. L'intenzione della Cina sembra essere quella di incamerare almeno 30.000 tonnellate d'oro, con un obiettivo alquanto ambizioso: nel caso in cui il prezzo dell'oro raggiungesse i 4.700 dollari per oncia, Pechino disporrebbe di riserve auree sufficienti a coprire l'intero valore delle attuali riserve valutarie, pari a 4 trilioni di dollari. 

La conferma di un altro fatto già messo in evidenza dalle nostre precedenti newsletter viene dalla considerazione che ''William Kaye, gestore di fondi a Hong Kong ed ex di Goldman Sachs, ha rincarato la dose sostenendo che la FED, per sostenere i propri azzardi monetari, abbia progressivamente eroso le proprie cospicue riserve auree fino all'esaurimento''.

Ulteriori fattori che portano Gabellini a maturare l'opinione che, a livello globale, si stia determinando la creazione di un nuovo Gold Standard è il fatto che la Germania - come altri paesi di punta - stia progressivamente procedendo al rimpatrio delle riserve auree per averne un controllo diretto e completo che, sul fronte dei grandi investitori, i magnati Warren Buffett e John Paulson hanno drasticamente alleggerito i propri investimenti azionari acquistando oro per oltre 150 milioni di dollari a testa. La Pacific Investment Management Company (PIMCO), grande società di gestione degli investimenti (gestisce oltre 2.000 miliardi di dollari), ha incrementato la quota in oro presente nel suo Commodity Total Return Fund, portandola dal 10,5% degli attivi totali del giugno 2012 all'11,5% dell'agosto dello stesso anno. George Soros, dal canto suo, si è sbarazzato di una quota ragguardevole di investimenti denominati in valuta Usa per puntare pesantissimamente sull'oro.

L'oro, dunque, che a differenza delle 'fiat money' non si può creare ''artificialmente e in quantità illimitate'' potrebbe tornare ad essere la chiave di volta nel sistema globale di definizione della ricchezza e del valore, come lo è stato per millenni dagli albori della civiltà.

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