La politica finanziaria “muscolare” di Vladimir Putin invia nuovi segnali al resto del mondo. Se la Russia, infatti, da un lato si appresta a saldare gli ultimi debiti residui con i paesi esteri rimasti dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, dall’altro i dati di gennaio 2017 mostrano una marcata ripresa degli acquisti di oro da parte della banca centrale di Mosca a fini di riserva strategica.
Dopo un dicembre 2016 stranamente caratterizzato da un'assenza di operazioni sul metallo prezioso (forse, una pausa dettata dall'inizio del mandato presidenziale di Trump), la Russia ha acquisito nel mese di gennaio 2017 oltre un milione di once di metallo prezioso, per l'esattezza 37 tonnellate e, anche se non si tratta del record storico mensile per Mosca (fatto segnare lo scorso ottobre con acquisti per 48 tonnellate), il dato appare come un'ulteriore conferma del fatto che il paese - dopo le speculazioni sul rublo sofferte nel periodo 2013-2015 - ha intenzione di proseguire, come sostengono del resto molti analisti del settore, nel rafforzamento e nella diversificazione dei propri asset di riserva privilegiando, tra questi, anche il metallo prezioso.
A fine 2016, secondo i dati ufficiali forniti dal World Gold Council, la Russia si è collocata tra i più importanti paesi nel mondo per consistenza delle riserve auree nazionali con 1.615,2 tonnellate, subito dietro USA, Germania, Italia, Francia e Cina. A possedere più oro di Mosca anche il Fondo Monetario Internazionale che è, tuttavia, una istituzione sovranazionale. Per quanto riguarda le acquisizioni, l'anno record è stato finora il 2015 nel corso del quale, per diversificare le proprie riserve sganciandole quanto più possibile dal dollaro, la Russia ha acquistato dall'estero, in dodici mesi, ben 206 tonnellate metriche di metallo prezioso.
Guardando indietro nella storia, è da notare come l'URSS possedesse, ai tempi di Stalin, oltre 2.500 tonnellate d'oro statale, quantitativo sceso a circa 1.600 tonnellate alla fine dell'era Krushev e ridotte ad appena 437 sotto Breznev per poi aumentare di nuovo, fino a quota 719 tonnellate negli anni di governo di Andropov e Chernenko. Complice una situazione sociale ed economica sempre più dissestata, a dare il 'colpo di grazia' alle riserve statali di Mosca ci ha pensato tuttavia Gorbaciov, alla fine della cui parabola politica la Russia poteva contare su appena 290 tonnellate di metallo prezioso.
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