La notizia è stata diramata dall’agenzia tedesca Reuters lo scorso 19 giugno (leggi qui il testo completo dell’articolo): il governo indiano è in procinto di lanciare un’offerta di obbligazioni sovrane collegate direttamente al prezzo dell’oro, in modo da intercettare parte della richiesta di metallo prezioso (reale) del grande paese asiatico, che si aggira sulle 300 tonnellate l’anno e pesa sulla bilancia commerciale nazionale.
L'India, infatti, sia per ragioni di investimento che, in gran parte, per motivi culturali legati alle tradizioni secolari che sopravvivono tra i suoi abitanti (ad esempio, il fatto che nel 'contratto' di matrimonio sia prevista, da parte della sposa, una cospicua dote sotto forma di gioielli) 'consuma' circa 1.000 tonnellate d'oro all'anno e la Reserve Bank of India, con questo nuovo strumento finanziario, tenterà di intercettare parte della richiesta garantendo ai bond un interesse minimo del 2% annuo, oltre ad una parte di ulteriore guadagno proporzionale alla performance del metallo prezioso. In sostanza, ad una domanda reale di metallo prezioso che la popolazione indiana cerca in tutti i modi di soddisfare con oro fisico (senza riuscirci del tutto) le autorità hanno deciso di rispondere offrendo nuovo 'oro di carta'.
Subito dopo il petrolio, l'oro rappresenta per l'India la seconda voce per rilevanza tra le importazioni e la diffusione del metallo 'fisico' è capillare tra gran parte della popolazione (pari a oltre 1,25 miliardi di persone): per questo, i 'gold bond' di New Delhi saranno emessi anche in tagli bassi equivalenti a 2, 5 e 10 grammi d'oro, con una durata minima da cinque a sette anni, e potranno essere utilizzati come garanzia per ottenere prestiti.
Nel primo anno il governo indiano emetterà obbligazioni 'auree' per un valore di 135 miliardi di rupie (pari a circa 2,12 miliardi dollari), ossia l'equivalente di 50 tonnellate d'oro. Per un accesso più ampio possibile al nuovo prodotto di investimento, inoltre, le autorità prevedono di commercializzare i bond anche attraverso gli uffici postali (quasi 160 mila nel paese solo quelli di India Post, la compagnia pubblica del settore) e attraverso una rete di broker e agenti. Tuttavia, sottolinea l'articolo della Reuters, il successo dell'operazione appare tutt'altro che scontato, vista l'accoglienza non certo entusiastica che in India è stata riservata, in passato, a strumenti finanziari simili come gli Etf 'bullion-backed'.