L’oro, si sa, è da millenni uno dei principali fattori in grado di influenzare, anche in maniera  determinante o dirompente, le fortune - o, in ogni caso, i destini - di interi popoli e nazioni. L’oro inteso come riserva privilegiata di valore portò infatti Spagnoli e Portoghesi ad avventurarsi, a partire dalla fine del XV secolo, attraverso l’Oceano Atlantico all’esplorazione del “Nuovo Mondo” portando in Europa centinaia di tonnellate d’oro e migliaia di tonnellate d’argento, mentre per le civiltà native, che spesso non consideravano affatto prezioso il “metallo prezioso” per antonomasia, l’arrivo dei conquistadores e la loro “fame” di metallo giallo significarono guerra, sterminio, schiavitù.

“Gold Rush”: quando il metallo prezioso cambia la storia

Già estratto o ancora in giacimento, l'oro ha dunque rappresentato per molte nazioni il supporto a lunghi o lunghissimi periodi di prosperità, potere internazionale e influenza su vaste aree del pianeta. Il paese che, tuttavia, è stato maggiormente al centro di quei fenomeni industriali, economici e sociali che chiamiamo di 'corsa all'oro' - e che se ne è avvantaggiato di più per consolidarsi come potenza mondiale - sono gli Stati Uniti d'America.

Tutti i libri di storia ricordano il giorno fatidico in cui - era il 24 gennaio 1848 - un carpentiere di nome James Marshall che stava lavorando ad un cantiere a Sutter's Mill, nella California settentrionale, scoprì per caso due pepite d'oro. Dall'inizio quel 'Gold Rush' che avrebbe dato il nome ad un'intera ondata migratoria - i cosiddetti ''49ers'', ossia ''quelli del '49'' - che accorse nelle terre occidentali per tentare la fortuna lavorando in proprio nelle concessioni minerarie o per conto di compagnie estrattive.

Nell'anno record del 'Gold Rush' californiano, la produzione raggiunse le 150 tonnellate di metallo fino, per poi calare progressivamente e cessare pressochè del tutto entro l'anno 1855. La prima corsa all'oro della storia americana, tuttavia, si era verificata già mezzo secolo prima nel North Carolina quando, dal ritrovamento di una pepita di ben 17 libbre, era nato un distretto minerario che, dando lavoro ad oltre 30 mila persone, avrebbe fornito alla zecca federale metallo prezioso sufficiente a coniare monete per circa tre decenni.

Anche il Nevada, dagli anni '50 dell'Ottocento, e nello stesso periodo il Colorado furono teatro di ampie e sistematiche ricerche di filoni auriferi il cui sfruttamento portò alla ricchezza, alla nascita di grandi città e distretti industriali, allo spostamento di centinaia di migliaia di persone. Più tardi, nel 1863, fu la volta del Montana, quindi della regione dei Monti Appalachi e, a fine secolo, dell'Alaska, senza contare gli 'sconfinamenti' di minatori e cercatori americani, nel triennio 1896-1899, nella regione canadese del Klondike teatro, a sua volta, della scoperta di importanti giacimenti.

Sebbene tra alti e bassi, gli Stati Uniti d'America non hanno mai cessato di estrarre dal proprio sottosuolo il metallo prezioso; e se alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con l'industria nazionale completamente impegnata nello sforzo bellico, la produzione d'oro americano raggiunse appena le 30 tonnellate (anno 1945), nei decenni seguenti si proseguè lo sfruttamento delle miniere fino a toccare un picco storico e forse irripetibile, di ben 366 tonnellate d'oro estratte nel corso del 1998.

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