Parlando, recentemente, della situazione economica e del bilancio del paese, Arun Jaitley, ministro delle finanze indiano, ha esplicitamente sottolineato il desiderio del governo di Nuova Delhi di implementare sempre più, in prospettiva futura, una politica globale volta a sviluppare l'oro come asset strategico di primo livello, favorendo il più possibile il sistema di scambi, supportando tutti quei settori di mercato basati sul metallo prezioso e rinnovando il sistema di monetizzazione dell'oro.
Il bilancio illustrato dal ministro Jaitley include anche sostanziali politiche rivolte ad incrementare i redditi rurali, ossia quelli della maggior parte della popolazione indiana. E migliori politiche sull'oro, combinate con un aumento dei redditi, secondo il World Gold Council potrebbero essere un ottimo auspicio per l'industria aurifera indiana e, quindi, per il settore del metallo prezioso a livello globale.
Nelle tre pagine di “Market Update“ pubblicate lo scorso 15 febbraio (accedi qui al PDF completo), il WGC sottolinea innanzi tutto come l'India assorba mediamente un quinto della domanda annuale di metallo prezioso del pianeta e come, fin dall'indipendenza dall'Impero Britannico - conquistata nel 1947 - il governo indiano abbia adottato, nei confronti dell'oro, misure di segno opposto. All'inizio, ad esempio, il commercio di metallo prezioso fu pressochè vietato; tra il 1962 e il 1990 le politiche in materia furono invece ammorbidite, sebbene ingabbiate nelle ferree regole stabilite dal Gold Control Act del 1968. Nel provvedimento, fra l'altro, si vietavano la lavorazione e il commercio di oggetti in metallo prezioso con titolo superiore ai 14 carati, senza contare le restrizioni sul quantitativo d'oro che era consentito possedere ad ogni famiglia.
Il Gold Control Act fu finalmente abrogato nel periodo delle grandi riforme economiche degli anni Novanta ma in seguito, a causa del deficit nella bilancia commerciale indiana causato, in parte, anche dalle massicce importazioni di metallo prezioso dall'estero, furono imposte nuove restrizioni. Nel 2012 il dazio sulle importazioni d'oro venne innalzato dal 2% al 10% e nel 2013 il governo di Nuova Delhi impose anche la cosiddetta “regola 80:20“. In sostanza, si richiedeva al mercato che per ogni 100 tonnellate d'oro fino importate in India, almeno 20 dovessero essere lavorate e riesportate sotto forma di gioielli.
Negli ultimi anni anche questo vincolo è stato rimosso; inoltre, nel 2015 il paese è entrato ufficialmente tra i produttori di bullion coin (leggi qui per saperne di più) e questo ha permesso di limitare l'acquisto di monete in oro da investimento coniate all'estero a favore di “prodotti locali“. Infine, tra 2015 e 2016 l'India ha perfezionato e messo a regime il Gold Monetisation Scheme, un sistema di conti di investimento basati sull'oro e aperto a tutti i cittadini che permette investimenti e piani di risparmio a breve, medio e lungo termine con garanzie sullo stoccaggio del metallo fisico, flessibilità nelle quantità depositate e nelle modalità di ritiro, certificazioni affidabili sulla purezza dei lingotti e vantaggi fiscali (per saperne di più leggi qui).