Parliamo, ovviamente, del quantitativo d’oro complessivo - di proprietà statale, di banche commerciali e in possesso di privati cittadini - che, si stima, si trovi ad oggi entro i confini della Repubblica Popolare Cinese. La valutazione è di Koos Jansen che ha da poco pubblicato sull’argomento un ampio report (leggi qui il testo originale) nel blog “BullionStar”.

L'oro in mani cinesi supera quota 20 mila tonnellate

L'oro in mani cinesi - scrive l'analista - sarebbe quantificabile a fine giugno 2017 in 20.193 tonnellate, di cui 16.193 in possesso di privati cittadini e 4.000 nei caveau della People's Bank of China. Un mercato, quello del metallo prezioso, che nel grande paese asiatico è ormai capillarmente diffuso ed estremamente dinamico, anche se le cifre che filtrano all'esterno sono sempre parziali e costringono gli esperti ad ipotesi e supposizioni.

Jansen si basa innanzi tutto, nella sua analisi, sui quantitativi di metallo prezioso che transitano attraverso lo Shangai Gold Exchange, la principale piazza asiatica del settore, e che mostrano una vivacità ed una crescita costanti; quindi, sottolinea l'autore, non ci si deve lasciar influenzare da dati come quelli del World Gold Council che fotografano un mercato cinese ''prudente e stazionario''. In realtà, specie dal 2013 si è assistito ad una crescita impressionante nel numero dei cittadini cinesi che si trasformano in investitori in metallo prezioso.

L'accumulazione di grandi quantità d'oro entro i confini della Cina è favorita anche dai rigidi vincoli sull'esportazione del metallo prezioso, come pure da quelli sulla commercializzazione dell'oro estratto dalle miniere domestiche, di fatto impossibile. Anche i dati sulla produzione mineraria cinese sono frammentari: dalla cifra più attendibile, che parla di circa 101 tonnellate d'oro estratte nel primo trimestre del 2017, si può stimare che entro fine anno dal sottosuolo del paese potrebbero uscire - per finire nei caveau, sotto forma di lingotti e monete - tra le 450 e le 500 tonnellate metriche di metallo prezioso.

Un altro elemento che rende ben poco chiara la situazione delle riserve auree di Pechino è che la People's Bank of China non effettua mai acquisti attraverso la Shangai Gold Exchange ma si avvale piuttosto, e in forma estremamente riservata, di banche commerciali intermediarie che, per suo contro, rastrellano lingotti in Svizzera, nel Regno Unito e in Sud Africa.

Koos Jansen correda questo approfondimento con numerosi grafici, utili per meglio comprendere le variabili in gioco quando si parla di mercato dell'oro in Cina: in uno di questi, ad esempio, si evidenzia come nel 1994 la Repubblica Popolare potesse contare su circa tremila tonnellate di metallo prezioso complessive. Un quantitativo salito progressivamente, che ha sfondato quota cinquemila tonnellate già nel 1996, ha toccato le seimila nel 2008 e si è poi impennato nell'ultimo decennio soprattutto per effetto delle importazioni dal resto del mondo e di un'industria mineraria sempre più efficiente e produttiva.

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