Scrive Dimitri Kalinichenko in una recente analisi pubblicata un “GoldEagle” (leggi qui l’articolo completo): “Le accuse dell'Occidente verso Putin si basano tradizionalmente sul fatto che il presidente russo, in passato, ha lavorato nel KGB e quindi è una persona ‘crudele’ e ‘immorale’. Putin è accusato di tutto. Ma nessuno ha mai accusato Putin di mancanza di intelligenza”.
Nell'attuale scenario di consistente abbassamento dei prezzi del petrolio e del gas naturale (il barile di brent, ad esempio, è sceso, da inizio dicembre da poco meno di 85 dollari a circa 59), la Russia è il cui contributo al saldo energetico mondiale è storicamente ritenuto essenziale è continua ad accettare i dollari statunitensi come ''mezzo di pagamento intermedio'' in cambio degli approvvigionamenti vitali per molti paesi dell'Occidente (Italia compresa), ma solo per 'convertire' gli stessi biglietti verdi, in tempi strettissimi, in quantità di metallo prezioso.
Secondo l'analista, in questo momento l'Occidente sta facendo di tutto per tenere artificiosamente bassi i prezzi sia del petrolio che dell'oro, da un lato allo scopo di favorire ancora l'economia statunitense, basata su esportazioni in dollari (a rischio, causa il parallelo indebolimento dell'euro) e dall'altro per mettere in difficoltà l'economia russa, in una sorta di reminescenza della Guerra Fredda che ha per scenari concreti la Crimea, l'Ucraina e altre regioni dal delicato - e ancora non del tutto definito - assetto geopolitico. ''Nel 1971 - prosegue Kalinichenko - il presidente americano Richard Nixon chiuse la 'finestra dell'oro' seppellendo gli accordi di Bretton Woods del 1944 e mettendo fine alla libera convertibilità del dollaro in metallo prezioso; nel 2014, il presidente russo Putin ha, di fatto, riaperto quella finestra, e senza chiedere il permesso a nessuno''. Altre considerazioni dell'autore prendono in esame un fenomeno simile che, secondo Kalinichenko, sta avvenendo è sebbene in modo meno esplicito - anche in Cina.