“La sovranità nazionale - scrive Mark O’Byrne il 14 marzo scorso su ‘GoldEagle’, leggi qui - sta diventando la forza trainante di tanti cambiamenti nella sfera geopolitica. Che si tratti della Brexit, delle vittorie elettorali a sorpresa nell'Europa centrale o di un cambio di accordi commerciali, la sovranità è in prima linea in tutte queste decisioni e uno dei primi indicatori di un cambiamento nel complesso scenario della globalizzazione e della cooperazione internazionale è stato l'acquisto e il rimpatrio di oro da parte di numerose banche centrali”.
Da qualche tempo, molte banche centrali lavorano attivamente al consolidamento delle rispettive riserve auree assicurando, oltre che la loro quantità sia sufficiente e la loro integrità certificata, anche che siano immagazzinate in luoghi ritenuti sicuri e affidabili.
La banca centrale che, per ultima, di è decisa a fare questo cambiamento è quella dell'Ungheria. Due settimane fa è stato infatti annunciato che Budapens intende riportare 100.000 once (poco più di 3,1 tonnellate) delle proprie riserve auree nazionali (che assommano ad appena 5 tonnellate) entro i confini nazionali dalla loro attuale collocazione, la Bank of England.
Questa non è una mossa insolita, nè isolata: negli ultimi anni abbiamo visto nazioni come Germania, Venezuela e Paesi Bassi rimpatriare il proprio oro da varie località e sembra che il ritmo sia aumentato da quando Hugo Chavez decise di portare a casa 180 tonnellate di oro nel 2011.
In questi stessi anni le grandi banche centrali, vale a dire quelle di Russia e Cina, hanno aggiunto considerevoli quantitativi di metallo prezioso alle rispettive scorte ed entrambe hanno, al tempo stesso, incoraggiato l'uso dell'oro come strumento di pagamento nel commercio internazionale e, soprattutto, come mezzo per evitare l'egemonia del dollaro USA.
La decisione di concentrarsi sempre di più sulle riserve auree e di mantenerne il massimo controllo è una chiara azione delle banche centrali e dei rispettivi governi volta a ridurre il rischio di controparte sulle riserve ufficiali. Quando si detiene la valuta di un altro paese, infatti, si è vulnerabili, e lo stesso vale quando una terza parte detiene oro di proprietà altrui in un momento storico-economico in cui le proprie risorse sono più esposte di quanto accettabile.
Ma c'è di più: “Non solo - sottolinea O'Byrne - grandi e piccole banche centrali hanno preso la decisione di rimpatriare una parte del proprio oro, ma hanno anche riconosciuto che la trasparenza, quando si tratta delle riserve auree, è ormai un aspetto fondamentale“. Una vera e propria ''pietra miliare'' è stata posta, in tal senso, dalla Germania con la pubblicazione di un elenco di tutti i lingotti d'oro tedeschi, per un totale di circa 270.000; la Bundesbank ha infatti pubblicato questo elenco di circa 2.400 pagine per ben tre volte dall'ottobre 2015, anche se ciò ha comportato una serie di sfide significative.