L’8 maggio scorso, il colosso dell’informazione finanziaria Thomson Reuters ha pubblicato online (leggi qui il testo completo) un’interessante ricerca riguardante l’evoluzione del mercato del metallo prezioso negli ultimi cinquant’anni. Uno strumento ampio e dettagliato, di indubbia utilità per chiunque voglia tentare di comprendere meglio le dinamiche e i fenomeni che hanno interessato l’oro in relazione ai cicli macro economici, ai cambiamenti politici e sociali alla base della realtà che oggi viviamo.
Uno degli ovvi cambiamenti del mercato sta nella sua dimensione complessiva. Nel 1971, la produzione di metallo prezioso era di sole 1.518 tonnellate; nel 2016 aveva raggiunto 3.169 tonnellate, con un tasso di crescita del'1,5% medio annuo con un picco nel 2015 a 3.217 tonnellate. Il lato della domanda del mercato è ovviamente più variabile rispetto a quello relativo alla produzione da miniera, ma è cresciuto ad un tasso medio del 2% annuo da 1.367 tonnellate a 3.349 tonnellate. Il tasso medio di crescita in termini di valore di dollari (indicativo) è risultato tra il +9,5% e il +9,9% annuo passando, rispettivamente, da una forbice tra gli 1,9 e i 2,2 miliardi di nel 1971 ad una, nel 2016, tra i 127 e i 135 miliardi di dollari nel 2016.
Per quanto riguarda la produzione, nel 1968 quella del Sud Africa da sola era pari a 969 tonnellate rappresentando il 77% della produzione mineraria del mondo libero, con crescita ulteriore fino ad un picco di 1.000 tonnellate nel 1970 (da notare che questo non include l'URSS, i cui dati non erano ancora disponibili). A quell'epoca, la maggior parte dell'oro del Sud Africa veniva spedito in Europa, soprattutto a Londra e Zurigo. Oggi, il Sud Africa copre appena il 5% della produzione aurifera e questi ed altri dati sono riportati in un interessante doppio grafico pubblicato nel report.
Ci sono stati anche alcuni cambiamenti - prosegue la Thompson Reuters - in termini di consumo di oro. Nel 1970, i maggiori utilizzatori di metallo prezioso nel mondo erano l'India, gli Stati Uniti e l'Italia con, rispettivamente, 215 tonnellate, 193 tonnellate e 175 tonnellate (anche se gran parte della gioielleria tricolore era destinata all'esportazione).èUn settore, la gioielleria, che rappresentava la più grande area di impiego del metallo prezioso con il 75% del totale (959 tonnellate); nel 2016 i gioielli hanno pesato sul consumo d'oro per appena il 53% sebbene il quantitativo globale impiegato sia quasi raddoppiato, fino a 1.891 tonnellate. Nello stesso periodo, il settore dell'elettronica è passato da una richiesta di 121 a 354 tonnellate.
Altri approfondimenti riguardano i paesi a maggior consumo di metallo prezioso e, tornando alla gioielleria, il report mette in evidenza come Per molti anni, l'Italia ha ospitato i più grandi fabbricanti di gioielli al mondo, con un fatturato diviso sostanzialmente in modo uniforme tra Nord America, Europa e Medio Oriente. Dal 1980, tuttavia, con l'ingresso sul mercato - sulla scia dell'oro a 850 dollari l'oncia, l'Italia che deteneva il 70% della fabbricazione mondiale di gioielli ha iniziato un declino che nel 1980 l'ha ridotta al 25%. Un ulteriore colpo è venuto poi, sempre nel 1980, dall'inizio dell'espansione del mercato e dell'industria indiane. Il tutto, ha ridotto il nostro paese ad una quota attuale che viaggia attorno al 10%.