“La Banca centrale russa conserva tutti i propri lingotti ‘in casa’, dal momento che solo entro i confini della Russia il suo oro può essere considerato completamente al sicuro”: lo ha dichiarato il 21 aprile a “Russia Today” Anatoly Aksakov, presidente del comitato della Duma di Stato sui mercati finanziari.

MOSCA E ANKARA D'ACCORDO: A CASA I LINGOTTI!

Rispondendo a una domanda sulla decisione presa dalla Turchia che, di recente, ha a sua volta deciso di rimpatriare i propri lingotti stoccati presso la Federal Reserve degli Stati Uniti, Anatoly Aksakov ha dichiarato: "Non possediamo alcuna riserva d'oro negli Stati Uniti, all'estero abbiamo solo riserve Forex (ossia, in valuta). Nessuno può fisicamente mettere le mani sul nostro oro".

Le riserve della Russia sono costituite da valute estere come euro, yuan e dollari, posizioni di riserva nel Fondo Monetario Internazionale e oro fisico. La quantità di metallo fisico nelle riserve russe è cresciuta di recente di ulteriori 52,88 tonnellate e ha raggiunto 1.861,1 tonnellate alla data del 1è aprile 2018. Dopo l'imposizione delle sanzioni occidentali contro la Russia nel 2014, il paese ha significativamente aumentato la quota di metallo prezioso nelle sue riserve dal 7,8% a oltre il 15%.

Come autorità statale, riporta l'articolo di “Russia Today“ (leggi qui) la Russia è il più grande acquirente di oro al mondo e il terzo produttore e la banca centrale di Mosca ha più che raddoppiato, nell'ultimo periodo, il ritmo dei suoi acquisti di lingotti. Il governo vuole aggiungere riserve poichè il Cremlino vede il metallo prezioso come un rifugio sicuro in un momento di turbolenza geopolitica; la Russia è oggi il sesto più grande proprietario d'oro dopo gli Stati Uniti, la Germania, l'Italia, la Francia e la Cina. Dal 2000, le riserve auree russe sono aumentate del 500%.

E' del 20 aprile, invece, la notizia che la Turchia ha deciso di rimpatriare tutto il proprio oro immagazzinato alla Federal Reserve (leggi qui). Negli ultimi anni, la Turchia ha giè rimpatriato 220 tonnellate di metallo prezioso dall'estero e, di queste, 28,7 tonnellate sono state ritirate dagli USA l'anno scorso.

Le riserve auree della Turchia sono stimate a 564 tonnellate e valgono circa 20 miliardi di dollari, riporta il quotidiano turco ''Yeni Safak''. Questo fa di Ankara l'undicesimo maggior titolare d'oro, dietro ai Paesi Bassi e davanti all'India. Le notizie arrivano in un momento in cui il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha preso una dura posizione contro la valuta statunitense.

Erdogan ha infatti criticato i prestiti in dollari sostenendo che i prestiti internazionali dovrebbero invece essere concessi in oro; la dichiarazione, che ha suscitato vivaci reazioni, durante un discorso al Global Entrepreneurship Congress di Istanbul il 16 aprile, come riportato dal quotidiano turco ''Hurriyet''. "Con il dollaro, il mondo è sempre sotto la pressione dei tassi di cambio. Dovremmo salvare stati e nazioni da questa pressione dei tassi. L'oro non è mai stato uno strumento di oppressione nel corso della storia", ha aggiunto Erdogan.

La Turchia non è l'unico paese che ha deciso di rimpatriare oro dagli Stati Uniti. L'ondata è iniziata nel 2012, quando il Venezuela ha annunciato che avrebbe richiesto 160 tonnellate di lingotti, del valore di circa 9 miliardi di dollari. La Bundesbank tedesca ha quindi chiesto la restituzione di ben 300 tonnellate. I Paesi Bassi hanno invece rimpatriato 122,5 tonnellate di oro. "Le banche centrali hanno iniziato il rimpatrio giè alcuni anni fa, prima di ogni sentore di Brexit, della crisi in Catalogna, della possibilitè di una presidenza Trump o delle crescenti tensioni tra Bruxelles e le nazioni dell'Europa dell'Est" ha sottolineato Claudio Grass, esperto di Precious Metal Advisory Switzerland RT. Evidentemente, si è capito che la presenza fisica del metallo prezioso contribuisce ad una redistribuzione del potere su più centri.

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