Il 1° luglio è entrata in vigore la nuova aliquota di tassazione sulle rendite finanziarie, passata dal 20% al 26% dopo il precedente, robusto aumento avutosi il 1° gennaio 2012 che aveva cancellato la vecchia aliquota del 12,5% fino ad allora in vigore. La tassazione è aumentata per tutti i redditi da capitale (dividendi, cedole e interessi di conti correnti, depositi bancari e postali) ed è valida anche per i redditi derivanti da obbligazioni, titoli simili e cambiali finanziarie, maturati a partire dal 1è luglio 2014, indipendentemente dalla data di emissione dei titoli. Dal 1è luglio 2014, come precisato dall'Agenzia delle Entrate, l'aliquota di tassazione è passata al 26% anche per i redditi diversi di natura finanziaria, con esclusione delle plusvalenze relative a partecipazioni qualificate
Anche per il risparmio gestito (fondi comuni, gestioni patrimoniali) il passaggio è stato automatico ed è toccato ai gestori calcolare quanta parte dei guadagni è maturata con la vecchia aliquota e quanta dopo il rincaro. La tassazione al 26% è stata applicata a tutti gli strumenti soggetti al rincaro. Resta al 12,5% solo l'aliquota sui titoli pubblici (come titoli del Debito pubblico, Boc, Bor, Bop, buoni fruttiferi postali emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti) e titoli equiparati, emessi da organismi internazionali, nonchè per le obbligazioni emesse da Paesi esteri cosiddetti 'White list' e da loro enti territoriali. Per questi ultimi, l'aliquota di tassazione passa dal 20% al 12,5%, con riferimento agli interessi e ad altri proventi maturati a partire dal 1è luglio 2014 e alle plusvalenze derivanti dalla loro cessione o rimborso realizzate dalla stessa data.
In questo scenario, si conferma il ruolo dell'oro da investimento (monetato o in lingotti) come interessante strumento di diversificazione del risparmio oltre che, come avviene da secoli, di bene rifugio per eccellenza. All'interno di un portafoglio equilibrato ed in linea con la propensione al rischio e all'investimento del cliente, infatti, il metallo prezioso vede ancora dalla sua un profilo fiscale con elementi favorevoli essendo, innanzi tutto, esente dall'aliquota Iva (pari attualmente al 22%). Per quanto riguarda la tassazione delle plusvalenze maturate, possono verificarsi due scenari. Il primo si ha quando il privato venditore è in possesso di documentazione fiscale in grado di stabilire quanto sono state pagate le monete o i lingotti. Al momento della cessione, viene calcolata la plusvalenza effettiva (capital gain) e, su di essa, si applica l'aliquota del 26%. In cifre, con un esempio:
1) Si possiede un lingotto del valore attuale di 10.000 euro (con ricevuta d'acquisto per il valore di 8000 euro)
2) Plusvalenza documentata 10.000-8000=2000 euro
3) Tassazione al 26% sulla plusvalenza pari a 2000x0,26=520 euro
Il secondo scenario riguarda le monete o i lingotti ereditati, per i quali non si possiede documentazione in grado di permettere l'accertamento della plusvalenza, la legge prevede l'applicazione di un parametro di ''plusvalenza presunta'' pari al 25% del valore di cessione sulla quale applicare l'aliquota del 26%. In cifre, con un esempio:
1) Si è ereditato un lingotto del valore attuale di 10.000 euro (senza documentazione di acquisto)
2) La plusvalenza presunta è calcolata in ragione del 25%, ossia 10.000x0,25=2500 euro
3) Tassazione al 26% sulla plusvalenza pari a 2500x0,26=650 euro
L'esercente che acquista dal privato non agisce, in nessuno dei due casi, come sostituto d'imposta e spetta al privato inserire la documentazione di vendita del proprio metallo prezioso nella denuncia dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui è avvenuta la cessione.