La Divisione studi e ricerche del World Gold Council ha pubblicato da pochi giorni un rapporto su ben quaranta pagine che prende in esame i legami - già effettivi, o in prospettiva futura - tra l’industria dell’oro e le modificazioni del clima del pianeta in atto ormai da decenni e che rischiano, sempre di più, di evolvere verso scenari incontrollabili.

Oro e cambiamenti climatici: dal WGC una ricerca inedita

All'inizio del rapporto (clicca qui per scaricare il Pdf completo) si sottolinea come èRiconoscendo questa minaccia, nel dicembre 2015 quasi duecento governi hanno redatto l'accordo di Parigi, impegnandosi per mantenere l'aumento della temperatura media globale “ben al di sotto di 2 èC sopra i livelli preindustriali“.

L'industria dell'oro riconosce l'importanza dei cambiamenti climatici e desidera impegnarsi in questo dialogo e nella transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. L'oro è un asset sempre più radicato e una sempre più ampia gamma di investitori lo includono nei loro portafogli. Molti sono desiderosi anche di conoscere come i propri beni impattano sull'ambiente e, quindi, l'industria aurifera è sempre più tenuta a ridurre e a monitorare la cosiddetta è impronta di carbonio dell'oro“ (ossia, le emissioni di gas effetto serra legati all'estrazione e alla lavorazione).

Un compito che vede l'impiego di tecnologie sempre più verdi sia nei siti di estrazione che in quelli di affinazione. Un pari impegno, del resto, si ha nel fai in modo che l'oro possa essere impiegato sempre più efficacemente e diffusamente nelle tecnologie di produzione di energie rinnovabili che, come tali, riducono le emissioni di gas serra.

Il metallo prezioso richiede energia, quindi produce gas serra, sia durante la fase di estrazione dalla miniera che, in seguito, dalla triturazione del minerale aurifero grezzo, dal suo lavaggio e filtraggio che, infine, nel complesso processo di raffinazione. Altre emissioni “indirette“ di gas inquinanti si hanno nelle successive lavorazioni che trasformano l'oro raffinato in verghe in lingotti di dimensioni più piccole o monete, oppure in gioielli o, ancora, in circuiti integrati e dispositivi tecnologici.

Quanto detto, senza contare che lo stesso riciclaggio del metallo prezioso, vale a dire la sua “estrazione“ da rottami di gioielleria o da dispositivi elettronici, pur essendo un'attività virtuosa comporta l'impiego di fonti energetiche e, in definitiva, la produzione di ulteriori agenti inquinanti. Un procedimento tuttavia imprescindibile per soddisfare la domanda d'oro globale e che fornisce ogni anno dal 25 al 30 per cento del metallo prezioso necessario all'industria planetaria.

Venendo ad alcune cifre, posto uguale a 100 il quantitativo di gas serra necessario per passare dall'estrazione in miniera al metallo raffinato, l'impronta di carbonio dell'oro risulta per il 31,1% legata alla fase strettamente estrattiva, al 28,3% dovuta alla macinazione dei minerali, per ben 40,6% al loro lavaggio e filtraggio e, infine, per appena lo 0,005% alla raffinazione vera e propria.

Dal punto di vista delle emissioni inquinanti per unità di massa prodotta, l'oro “sporca“ quasi due volte e mezzo rispetto all'alluminio, circa otto volte rispetto al rame e oltre sedici volte rispetto all'acciaio. Essendo, tuttavia, un elemento molto raro, in termini assoluti se la produzione di acciaio globale immette nell'atmosfera ben 3,749 miliardi di tonnellate di Co2 equivalenti, il metallo prezioso apporta all'effetto serra “appena“ 124 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica.

Successivi capitoli del report WCG presentano alcune delle tecnologie più avanzate che le compagnie minerarie stanno applicando nei propri siti estrattivi per renderli sempre più “verdi“: si va dall'impiego sistematico di veicoli elettrici in miniera, in luogo dei classici diesel, all'approvvigionamento di energia elettrica grazie a pannelli fotovoltaici o generatori idroelettrici in appoggio ai generatori finora in uso. Anche l'ottimizzazione della ventilazione nelle gallerie rappresenta un campo nel quale nuove applicazioni permettono di ridurre il quantitativo di gas serra emessi da una miniera d'oro.

Dal metallo prezioso come elemento “problematico“ all'oro come “soluzione“, in una successiva parte dello studio qui presentato si prendono in esame le applicazioni nell'ambito di tecnologie avanzate e legate al risparmio energetico all'abbattimento dell'impatto ambientale. Non a caso, nel 2017 ben 333 tonnellate d'oro (+3% sul 2016) sono state usate nel mondo per impieghi industriali, molti dei quali volti a limitare le emissioni di carbonio.

Celle a combustibile, impianti fotovoltaici, e anche impieghi sperimentali come elemento catalizzatore in grado - attraverso nano strutture speciali - di ridurre l'anidride carbonica a monossido di carbonio rendono l'oro, in prospettiva, uno degli elementi naturali più promettenti nella lotta all'effetto serra e nella stabilizzazione del clima planetario.

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