Abbiamo riportato nella scorsa newsletter la notizia dell’acquisto, da parte di ICBC (la Industrial and Commerce Bank of China) di uno dei più capienti e sicuri siti di stoccaggio per metalli preziosi della City di Londra, quello già di proprietà di Barclays e capace di ospitare lingotti d’oro per circa duemila tonnellate
(leggi qui l’articolo completo).
La notizia ha suscitato nel mondo più di un interrogativo, come conferma l'approfondimento dedicato al tema da Annabelle Williams nel portale ''City A.M.'' (leggi qui) la quale esordisce con un titolo quanto mai esplicito: ''Non sarà il caso di accumulare un pò d'oro?''
L'acquisto da parte di ICBC del grande caveau londinese, secondo l'analista, sarebbe infatti un ennesimo, silenzioso passo compiuto da Pechino nella direzione di un dominio totale del mercato del metallo prezioso. Se ufficialmente, infatti, la Repubblica Popolare Cinese possiede riserve auree per 1.658 tonnellate, dall'incrocio di una serie di dati di mercato si è arrivati alla conclusione che, in realtè, il gigante asiatico avrebbe nelle proprie disponibilità circa 4.000 tonnellate d'oro, comprese quelle giacenti nei complessi minerari statali.
La Cina starebbe tenendo volutamente nascoste una serie di cospicue acquisizioni, e diramando dati parziali o non del tutto chiari, con lo scopo di realizzare - questa è la tesi espressa dallo specialista James Rickards nel suo nuovo libro 'The New Case for Gold' - una sorta di 'Gold Standard ombra', ossia di fornire allo yuan renminbi, la valuta nazionale, un sottostante di garanzia in metallo prezioso da utilizzare in modo strategico nello scenario, non impossibile, di una crisi delle attuali valute internazionali di riferimento, dal dollaro all'euro.
Come sottolineano sia la Williams che Rickards, il Fondo Monetario Internazionale, che è prestatore di ultima istanza per tutti i paesi in difficoltà finanziarie, già ha impostato da lungo tempo la propria solidità sulle riserve d'oro detenute dall'FMI stesso (circa 3.000 tonnellate metriche) che dalle singole nazioni aderenti. La Cina, che del Fondo è il sesto ''contributor'' per quote versate al mondo, starebbe dunque creando un sottostante autonomo e parallelo per sedere in prima fila, in caso di collasso valutario globale, al tavolo di coloro che saranno chiamati a scrivere le nuove regole della finanza e del mercato monetario.