In un rapporto pubblicato su “GoldEagle” (leggi qui il testo completo) l’analista Mark O’Byrne riprende in esame il rapporto tra oro e geopolitica per quanto riguarda, in particolare, la Russia. A fine novembre, infatti, il primo vice governatore della Banca di Russia, Sergei Shvetsov, ha ribadito che la banca centrale sta aumentando le proprie riserve auree con il dichiarato intento di "rafforzare la sicurezza nazionale". Pochi giorni dopo il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha avvertito Washington: "Se le nostre riserve in oro e in valuta fuori dai confini nazionali dovessero in qualche modo essere vincolate, o anche se esistesse un tale intento, si tratterebbe di terrorismo finanziario".
La Russia è pronta dunque per un eventuale irrigidimento delle sanzioni statunitensi. Tuttavia, se queste includessero il sequestro delle riserve in valuta estera o in metallo prezioso della Russia, ciè sarebbe considerato come una "dichiarazione di una guerra finanziaria", ha avvertito il ministro delle finanze russo.
Le riserve di lingotti d'oro russi sono aumentate fino ad un valore di 73,7 miliardi di dollari alla data del 1° novembre dopo essere partite da 60,2 miliardi all'inizio dell'anno. In settembre, ulteriori 34 tonnellate di oro sono state aggiunte alle riserve del paese portandolo al sesto posto nella classifica mondiale delle riserve auree. Ora si trova un posto dietro la Cina.
La Russia e la Cina hanno adottato, del resto, un approccio simile alla gestione delle riserve strategiche di metallo prezioso. Entrambi i paesi hanno lavorato per ridurre la loro dipendenza (e l'esposizione) dal sistema basato sulle valute estere e in particolare sui “petrodollari“. Gli accordi commerciali bilaterali tra Mosca, Pechino e altri paesi hanno permesso ai partecipanti, infatti, di negoziare in oro e nelle rispettive valute anzichè rimanere ancorati al dollaro USA.
Sembra giunto il momento in cui le principali nazioni produttrici di petrolio ne hanno abbastanza di quella “spada di carta“ (il dollaro) che gli Stati Uniti hanno tenuto sospesa sopra di essi per tanto tempo. Russia, Cina, Turchia, Iran e forse anche l'Arabia Saudita stanno uscendo dall'ombra del dollaro americano. Mentre cresce il disagio in Medio Oriente, nell'Asia orientale e tra la Russia e le nazioni confinanti con l'UE, la sicurezza nazionale è della massima importanza per le singole nazioni, cosè come le alleanze economiche. Quando Putin e il suo vice della banca centrale di Mosca fanno riferimento a preparativi per “operazioni di sicurezza nazionale e di guerra“, intendono sia quelli tradizionali che quelli finanziari, basati in parte non indifferente sul metallo prezioso.
Interessante un grafico storico nel quale si evidenziano i cicli cronologici nei quali vari paesi al mondo hanno avuto, nella propria valuta, la “moneta di riserva“ globale dalla metà del XV secolo ad oggi. Sul trono delle valute si sono avvicendate Portogallo, Spagna, quindi Olanda e Francia, poi per un ungo periodo la Gran Bretagna e oggi gli Stati Uniti. Ma per quanto ancora?
O'Byrne ribadisce che l'oro non può essere svalutato come puè accadere, anche in modo traumatico, alle valute legali. E non può essere usato dai governi come un peso sulle spalle degli altri come accade con il dollaro USA. Le monete e i lingotti d'oro allocati non possono essere confiscati con azioni irresponsabili di una controparte. L'oro è dunque “il denaro senza confini che funge da riserva finale e rifugio sicuro in un portafoglio diversificato“.
Russia e Cina hanno un piano per potenziare la propria sicurezza nazionale e il loro futuro finanziario. La diversificazione e l'oro sono al centro di questi piani, come dovrebbe essere per tutti coloro che cercano sicurezza finanziaria personale e cercano di proteggersi dall'imminente crisi monetaria globale.