In una analisi pubblicata da David Smith il 28 novembre scorso (leggi qui il testo completo) il flusso di approvvigionamento e di richiesta di metallo prezioso globale viene paragonato al sistema cardio-circolatorio umano e visto a rischio di un possibile, se non imminente, “arresto cardiaco”. Vale a dire: “Si sta manifestando una spinta della domanda d’oro su scala oceanica da tutte le parti dell'Estremo Oriente, poiché il desiderio di possedere oro permette di porre una base sempre più solida per gli anni a venire.
La Cina, l'India e il Sud-est asiatico hanno storicamente accumulato metallo prezioso come veicolo di risparmio, copertura contro l'incertezza politica (ad esempio, la sorpresa dell'India che nell'ultimo anno ha demonetizzato l'80% della valuta cartacea del paese) e come elemento di radicata natura culturale e antropologicaè.
L'Occidente, di fatto, spedisce invece gran parte del proprio oro verso levante (in gran parte attraverso raffinerie svizzere che "riciclano" l'oro fino al 99,99%) e soltanto alcuni paesi dell'area occidentale come la Germania e la Turchia stanno andando in controtendenza, alimentando la domanda e sottraendo metallo prezioso alle potenze orientali.
“In termini metaforici - scrive Smith - i dati disponibili suggeriscono fortemente (con evidenze già dal 2015), che nei prossimi anni si assisterà ad un continuo restringimento delle vene e delle arterie dell'offerta globale d'oro portando a una serie di crisi della domanda che potrebbero determinare un attacco cardiaco sistemico?".
In particolare, secondo l'autore vi è innanzi tutto il 'rischio Cina' dal momento che il grande paese sta basando la propria strategia sull'oro su quattro pilastri.
Primo: comprare oro fisico sui mercati mondiali, rilingottarlo quando necessario (in Svizzera) e spedirlo in Oriente.
Secondo: accumulare tutto l'oro prodotto internamente, anche se prodotto da operazioni con partner stranieri.
Terzo: collaborare con compagnie minerarie o acquistare a titolo definitivo siti estrattivi promettenti o già operativi situati in terra straniera.
Quarto: acquistare sistematico per contanti la produzione d'oro ''opaca'' di piccole miniere e soggetti estrattori non ufficiali in Sud-Est asiatico, Africa e Sud America.
C'è poi la situazione, altrettanto critica, del Sud Africa. Il bacino del Witwatersrand è infatti stato, dati storici alla mano, la fonte di quasi il 40% di tutto l'oro estratto al mondo.èMa il governo è diventato così ostinato da far retrocedere il paese al settimo posto nella classifica dei produttori mondiali di metallo prezioso (posizione che sembra destinata a ridimensionarsi ancora di più).
Il Sud Africa ancora una volta deciso di "emendare" il Codice minerario del paese, richiedendo royalty più elevate e una maggiore partecipazione al “Black Empowerment“, causando un forte avvertimento da parte dell'agenzia di rating Moody's nel quale si afferma che "se il sostanziale investimento espansivo richiesto per riconfigurare le operazioni di estrazione in perdita e renderle redditizie non è imminente, le miniere saranno ristrutturate o chiuse".
Completa il quadro di “fibrillazione“ del sistema circolatorio del metallo prezioso a livello globale l'opinione di Pierre Lassonde, co-fondatore di Fanco-Nevada, prima società al mondo nella gestione delle royalty estrattive sull'oro ad essere quotata in borsa e oggi con un valore di circa 7 miliardi di dollari.
Sostiene Lassonde: “La produzione d'oro è in declino e questo sta causando un'enorme pressione sui prezzi. Se guardiamo indietro agli anni '70, '80 e '90, in ognuno di quei decenni l'industria estrattiva ha trovato almeno un nuovo deposito d'oro da oltre 50 milioni di once, almeno dieci depositi da 30 milioni di once e innumerevoli depositi da 5 a 10 milioni di once. Ma se guardiamo gli ultimi quindici anni, non abbiamo trovato alcun deposito da 50 milioni di once, nessuno deposito da 30 milioni e solo pochi depositi da 15 milioni di once di riserva presunta.è
Allora, dove sono quei grandi depositi auriferi che abbiamo trovato in passato? Come saranno sostituiti? Non lo sappiamo. [...] Non è stato investito abbastanza denaro in ricerca e sviluppo, in particolare per le nuove tecnologie per quanto riguarda l'esplorazione e la lavorazione del minerale grezzo [...] ci vogliono circa sette anni perchè una nuova miniera cresca ed entri in produzione a regime. Quindi non importa cosa farà il prezzo dell'oro nei prossimi anni: la produzione sta diminuendo drasticamente e ciò significa che la pressione al rialzo sul prezzo dell'oro potrebbe essere molto intensa.