Quarto produttore d’oro per importanza nel continente africano (dopo il Sud Africa, il Ghana e il Mali), la Tanzania vive, nel settore minerario legato al metallo prezioso, un fenomeno a due facce che, se da un lato vede presenti nel paese multinazionali e compagnie che operano con tecnologie all’avanguardia e rispettando un rigoroso codice etico – ossia, non solo le leggi dello Stato, ma anche i diritti della popolazione locale e l’ecosistema naturale - dall’altro deve fare i conti con decine, se non centinaia, di piccole miniere illegali che, in numerosi casi, impiegano senza alcuno scrupolo manodopera minorile in condizioni disumane.
Grazie agli sforzi delle autorità statali e delle organizzazioni non governative internazionali presenti in Tanzania, tuttavia, ben 12 mila bambini sono stati salvati, solo negli ultimi tre anni, dal lavoro nelle miniere d'oro non autorizzate, anche se il fenomeno rimane ancora grave. A scriverlo, in un ampio reportage sull'argomento, è Cecilia Jamasine nel portale 'Mining.com' (leggi qui l'articolo completo); nell'articolo si sottolinea come i minori, per la maggior parte di età compresa tra gli 8 e i 16 anni, siano spesso impiegati nella trivellazione di pozzi profondi ed instabili, con gravissimi rischi di infortunio e turni di lavoro di durata fino a 24 ore.
La povertà diffusa nel paese, la mancata alfabetizzazione dei giovani e dei loro genitori e, fino ad alcuni anni fa, l'assenza di controlli capillari hanno incentivato il fenomeno che il governo di Dodoma, ora, ha dichiarato di voler in tutti i modi debellare, anche per migliorare la propria immagine nei confronti degli investitori internazionali, non soltanto del settore estrattivo.