Bill Holter, in un’analisi pubblicata su “Gold Eagle” il 2 ottobre (leggi qui il testo originale), torna ad approfondire lo scenario della possibile creazione, in un futuro nemmeno troppo remoto, di un nuovo Gold standard a gestione cinese. “Abbiamo visto per anni come la Cina è cresciuta in forza economica, finanziaria e militare - scrive Hotler -. I cinesi si sono consolidati realizzando accordi commerciali e creando strutture di credito e finanziarie avanzate. Sappiamo anche che la Cina sta assorbendo la fornitura globale d’oro da miniera da ormai dieci anni. Come ho scritto in passato, si può supporre che ora il paese abbia accumulato 20.000 tonnellate o più rispetto alle ‘presunte’ 8.133 tonnellate detenute dagli Stati Uniti”.

Un futuro Gold standard a guida cinese? Si torna a parlarne

E' chiaro che la Cina si prepara per strappare la leadership mondiale agli Stati Uniti, ma resta l'interrogativo se Pechino arriverà a dotarsi di una valuta convertibile. La risposta da pensatori logici è "no". No, perchè gli USA (e ovviamente la Cina) conoscono gli "oneri" che accompagnano il privilegio di emettere moneta convertibile in metallo prezioso. Tuttavia, Bill Holter non condivide questo punto di vista.

Analizzando lo scenario che nel grande paese asiatico lega yuan, dollari, oro e petrolio, l'autore ricorda come la Cina importi circa 8 milioni di barili al giorno, circa 3 miliardi di barili all'anno. A 50 dollari al barile, l'import petrolifero cinese 150 vale miliardi di dollari l'anno. Se prendiamo invece in esame la produzione di oro globale, con 80 milioni di once prodotti e un prezzo a circa 1.300 dollari si ottiene un mercato del valore di circa 100 miliardi di dollari. In altre parole, la Cina spende più dollari in petrolio di quanto valga tutto l'oro prodotto nel mondo.

La Cina negli ultimi anni ha importato circa 2.000 tonnellate di metallo prezioso all'anno. Se aggiungiamo le importazioni dell'India - circa 1.000 tonnellate annue - è chiaro che l'approvvigionamento d'oro a questi paesi deve venire da qualche parte e - chiosa l'autore - “quel da qualche parte“ puè essere l'Occidente con i suoi caveau. Per estendere e sostenere i propri sistemi finanziari e le valute fiat, quindi, l'Occidente (guidato dagli Stati Uniti) sta svendendo le proprie riserve d'oro.

La Cina ha ben presente come gli Stati Uniti abbiano dovuto cedere progressivamente riserve auree fino al 1971 a causa della convertibilità. Inoltre, sanno come l'alienazione di quantitativi di metallo prezioso sia servita a mimetizzare le bolle di credito e a sostenere l'emissione di dollari. Pechino ha capito il gioco e non vuole trovarsi nello stesso problema se lo yuan diventerà la valuta di riserva globale. Dunque, la Cina sta portando il mondo verso un Gold standard ''de facto'' trasformando quello che in passato era il meccanismo "petrolio per dollari" in "petrolio per oro".

Rendendo convertibile lo yuan in oro, la Cina creerebbe una domanda di metallo prezioso che non puè essere soddisfatta dalla fornitura globale, tanto meno ai prezzi correnti. Una spinta verso l'alto del prezzo futuro dell'oro renderà molto difficile, se non impossibile, per altre nazioni raggiungere oro alle proprie riserve. “Liberando“ il prezzo dell'oro, la Cina si assicurerà dunque un ruolo di leader finanziario mondiale per molti anni. è I cinesi sanno bene - sottolinea Holter - che l'oro è una ricchezza duratura e che “chi ha l'oro fa le regole"!

Diventando il nuovo “padrone mondiale dell'oro“, la Cina svaluterà lo yuan e ciò garantirà vantaggi come quando, nel 1934, gli Stati Uniti svalutarono svalutato il dollaro rispetto al metallo prezioso, creando inflazione, spingendo l'economia e rendendo ancor più competitive le esportazioni.

Peraltro, in questo scenario la Cina non si preoccupa di quanto possa salire il prezzo dell'oro, perchè il paese si sta giè mettendo al sicuro da molti anni. L'unico aspetto di cui Pechino si preoccuperà non è perdere l'enorme quantitativo di metallo prezioso che ha accuratamente e metodicamente accumulato in questi anni.

Del resto lo stesso Mao Tse Tung, nel 1971, di fronte all'abbandono da parte della Germania Occidentale degli accordi di Bretton Woods, disse: "Questo è l'inizio della fine del dollaro". Al di l' della retorica ideologica, viene da pensare davvero che fossero parole profetiche.

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